Gli occhi intensi di Golshifteh Farahani si riempiono di lacrime quando ascolta Azar Nafisi, la scrittrice iraniana di Leggere Lolita a Teheran, un best seller mondiale che oltre 20 anni fa raccontò la generazione delusa ma non vinta dei giovani che fecero i conti con l’inizio del regime religioso di Kohmeini e decisero di lasciare l’Iran. Oggi questa attrice meravigliosa, con una grande carriera internazionale, vive sotto scorta a Parigi perchè ha scelto di essere una delle voci, all’estero di Donne Vita Libertà il movimento che si oppone agli ayatollah e di intervenire pubblicamente. L’autrice Azar Nafisi, Golshifteh Farahani, e poi ancora Mina Kavani, Zar Amir e le altre sono le attrici della diaspora, non possono rientrare nel loro paese d’origine, hanno saltuari contatti con le famiglie in pericolo per la loro scelta. E non poteva esserci cast migliore per il film, tratto dal libro di Nafisi (pubblicato da Adelphi 20 anni fa), che il regista Eran Riklis ha girato, anche con la partecipazione italiana di Minerva Pictures e Rosamont con Rai Cinema, dal 21 novembre in sala con Europictures. Il loro red carpet oggi alla Festa di Roma dove il film è in concorso, vuole essere visibilmente un segno di speranza per quello che accade e questo aggiunge una emozione particolare anche all’incontro di queste donne. È una sorta di passaggio di testimone generazionale quello tra Nafisi che ha vissuto gli anni di Kohmeini e Farahani che ha conosciuto il regime degli ayatollah di Khamenei che impone il velo alle donne e le perseguita. Entrambe sono fuori dall’Iran ma non per questo lontane dalle loro origini. “Non esiste separazione tra noi della diaspora e loro che sono rimaste. Siamo un’unica nazione con lo stesso cuore e combattiamo per la libertà e l’uguaglianza. Loro che sono dentro rischiano di più è chiaro – dice Farahani – ma stiamo camminando insieme, siamo le ali dello stesso aereo. Andare in esilio per tutti noi crea un dolore indescrivibile ma siamo la voce del nostro paese, quella che il regime vuole silenziare”. Il film come il libro best seller racconta l’esperienza straordinaria e pericolosa che visse la stessa Nazifi insegnando letteratura a Teheran all’inizio del regime di Kohmeini, facendo conoscere a giovani donne Jane Austen, Nabokov, Il grande Gatsby mentre l’islamizzazione del paese cresceva imponendo sempre più ristrettezze alle donne, moralizzando la narrativa straniera. La sua classe, che presto si trasferì clandestinamente a casa, imparò ad amare quei libri e Leggere Lolita a Teheran è spesso considerato è uno dei più toccanti atti d’amore per la letteratura mai professati. Nazifi però stremata dalle difficoltà decise di andare via in America dove scrisse dolorosamente la sua storia. Sono passati oltre 40 anni e l’attualità della vicenda è incredibile. “Oggi come allora le donne trovano nella cultura un rifugio, tra l’arte, i libri, i film tutto ha lo stesso linguaggio. Mettere luce è l’unica possibilità per creare ponti, è questa la responsabilità di noi artisti – prosegue Farahani con passione – quando il mondo è fuori controllo”. Ecco così che il film Leggere Lolita a Teheran è parte dell’impegno della diaspora per il movimento che il regime mira a spegnere in tutti i modi. Cosa è cambiato da allora, da quella rivoluzione del 1980? “I cambiamenti sono costanti, continui ma – risponde all’ANSA la grande scrittrice iraniana – ma siamo ancora in un regime iraniano che uccide le donne, le rende cieche, le fa sparire. Il regime fa credere che il mondo si è dimenticato di noi ma nel mio paese si continua a protestare: alla violenza e al rumore dei proiettili si risponde ballando in piazza senza velo, donne e giovani uomini che rischiano. Questo film è un omaggio al coraggio delle nonne, delle madri e oggi delle giovani che dall’inizio della rivoluzione non si sono fatte intimorire dal regime e io sono convinta che arriverà la vittoria e passerà dalle donne”. Baraye, l’inno delle rivolte nelle strade dell’Iran, che Golshifteh Farahani ha cantato con i Coldplay nel 2022 in un memorabile concerto a Buenos Aires, chiude il film dedicato a Mahsa Amini e al movimento Donne Vita Libertà.
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