Jacob Cohen, marchio di abbigliamento
di lusso made in Italy, di proprietà della società italiana
Jacob Cohen Company spa, annuncia un nuovo piano di retail e di
distribuzione nei mercati internazionali e inaugura in via del
Babuino, a Roma, la sua prima boutique monomarca nella capitale,
90 mq. Al party dell’opening, erano presenti Luca Roda, ad del
marchio e Jennifer Tommasi Bardelle, presidente e direttore
creativo del brand. “La nostra azienda – afferma Luca Roda – è
una spa che ha chiuso il 2023 con un fatturato di 80 milioni di
euro. Abbiamo 184 dipendenti e ci piace molto lavorare con i
giovani. I nostri monomarca sono 17 e comprendono Roma, Taormina
e Milano, in Italia. In Francia, Parigi, Saint Tropez e
Courchevel. Poi Ginevra, Mosca, due negozi a Tokyo, a Osaka,
Kobe, Oslo, Konkke, Puerto Banus, Palma de Mallorca, Prague. Il
nostro progetto è quello di aprire nel 2025 una serie di pop up
store negli Stati Uniti per saggiare il mercato americano e
alcuni monomarca a Forte dei Marmi, di nuovo a Tokyo con un
nuovo negozio su strada a Ginza e ad Anversa”. “Ci terrei molto
– precisa Jennifer Tommasi Bardelle – a svelare un segreto per
fare chiarezza sulle origini del nome Jacob Cohën, che spesso ha
creato equivoci. Il nome è di pura fantasia: è stato inventato
nel 1985 da mio suocero Tato Bardelle (già inventore del marchio
Americanino), per la sua linea di jeans realizzata in Veneto,
nella provincia di Padova. Il nome voleva essere un omaggio a
Jacob Davis, inventore dei rivetti con cui nacquero i jeans 5
tasche e socio di Levi Strauss. Mio suocero prese il suo nome di
battesimo e vi aggiunse Cohen, cognome molto diffuso tra le
famiglie ebraiche importanti, in onore anche di Levi Strauss.
Con il nuovo marchio realizzò tra i più bei jeans 5 tasche degli
anni Ottanta e Novanta. Mio marito, Nicola Bardelle, morto in un
incidente nel 2012, era entrato in azienda nel 2003,
trasformando i tipici blue jeans di mio suocero, in luxury denim
con fit da pantaloni sartoriali, a cui aggiunse accessori
pregiati, da vendere nelle boutique e non nelle jeanserie”.
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