Un vecchio baule è stato recapitato presso un teatro, all’interno ci sono dei fogli scritti, lettere, documenti, pagine di diario. Improvvisamente sul palco si alza un vento gelido e una nebbia cupa, i fogli iniziano a volare e nella nebbia emerge una figura oscura, che avanza lenta: è La Contessa Di Castiglione. La vediamo nella sua ultima, misteriosa, messa in scena Virginia Oldoini, La Contessa di Castiglione appare nella sua immagine finale: invecchiata, svanita, solitaria, al limite della follia. E’ V come Virginia – La Contessa di Castiglione, lo spettacolo scritto e diretto da Luca Gaeta con Patrizia Bellucci andato in scena il 29 ottobre al Teatro Vittoria di Roma.
Attraverso la sua vicenda di donna bellissima, come venne definita, di “Meravigliosa Statua di Carne”dedita all’Arte dell’Amore, Virginia farà luce sul marchingegno di Cavour che la condusse a sedurre Napoleone III, conquistandolo alla Causa Italiana dando così l’avvio alla fondamentale alleanza che fece, del piccolo Piemonte, il centro motore per l’annessione del resto d’Italia che portò poi all’unificazione.
Oltre al passaggio storico, viene messa in luce la donna indipendente, senza mezze misure, colta, e proiettata nel futuro. Una donna che, con il culto della propria Immagine, immortalata in centinaia di scatti dal fotografo parigino Pierson, è vicina a noi, ai nostri tempi quelli degli imagine makers e degli influencers.
La Oldoini, dopo i quarant’anni, sentendosi ormai vecchia e inutile, decise volontariamente di lasciarsi andare e di vivere da emarginata piena di livore verso l’ingrata Italia ufficiale che, non solo non ne aveva riconosciuto e celebrato l’apporto decisivo all’Unità, ma che ha sempre cercato di sminuirne peso e valore. Il volontario tramonto della Contessa è stato un dispetto rivolto a quanti non ne hanno voluto riconoscere il valore; una sorta di auto distruzione capace, secondo le intenzioni della donna, di perpetuare nell’Italia un perenne senso di colpa.
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