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Germania al voto, da locomotiva a malato d’Europa: gli scenari

di Redazione Libri Arte
21/02/2025
Tempo di lettura: 3 minuti
Germania al voto, da locomotiva a malato d’Europa: gli scenari

Il 23 febbraio la Germania si recherà alle urne: è probabile che l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) torni alla Cancelleria. Tuttavia, al di là del consueto margine di errore dei sondaggi, le proiezioni precise sui seggi del Bundestag sono gravate dall’incertezza, E’ quanto sottolinea François Cabau, Senior Eurozone Economist AXA Investment Managers sottolineando che dato il sistema elettorale. Trovare un partner di coalizione, o più partner, per formare una maggioranza stabile difficilmente sarà semplice.

Elezioni in Germania
Ci aspettiamo lunghe discussioni sulla coalizione di governo, che probabilmente si riveleranno controverse, in particolare per quanto riguarda la strategia fiscale della Germania. Il tempo – sottolinea l’esperto – è fondamentale per far ripartire l’economia, tenuto conto delle sfide a breve e medio termine che deve affrontare.Pur accogliendo con favore il cambiamento della linea economica della Germania verso un’agenda a favore della crescita, “riteniamo che si avranno effetti positivi marcati con un ritardo significativo”.
Gli ultimi cinque anni sono stati i peggiori della Germania moderna in termini di performance economica, escludendo i periodi delle guerre mondiali, rileva Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors spiegando che le ragioni sono ben note: una perdita strutturale di competitività dovuta alla revisione al rialzo dei costi energetici, la crescente concorrenza industriale cinese nei settori chiave tedeschi e una cronica debolezza della domanda interna. Sebbene la disoccupazione abbia appena iniziato a salire e sia ancora ad un minimo storico del 6,2%, le insolvenze aziendali sono aumentate vertiginosamente, raggiungendo il livello più alto dalla crisi finanziaria del 2008.

La Germania ha bisogno di investimenti
Di norma, l’aggiustamento macroeconomico implicherebbe una ripresa della crescita delle esportazioni, soprattutto grazie a una valuta più debole, ma la Cina ha sostituito le importazioni tedesche nel proprio mercato interno. Gli altri mercati emergenti rimangono deboli e i timori del protezionismo statunitense frenano gli investimenti nel settore delle esportazioni.
È tutta una questione di priorità fiscali
Le élite europee hanno individuato le misure necessarie per rilanciare la crescita economica. Queste includono un sostanziale impulso agli investimenti pubblici nelle infrastrutture sottofinanziate, una de-regolamentazione su larga scala e incentivi per finanziare una maggiore propensione al rischio nell’economia. A questo proposito, il recente rapporto di Draghi si applica in modo particolare alla Germania, in quanto invita ad aumentare gli investimenti, a promuovere l’innovazione e a riformare la concorrenza.
Il problema è che i politici tedeschi non sono stati in grado di adottare i cambiamenti necessari. L’attuale campagna elettorale ha almeno portato ad un dibattito sulla necessità di riformare il freno costituzionale al debito che limita i deficit fiscali strutturali allo 0,35% del PIL, ma non c’è ancora una chiara maggioranza a favore di una riforma complessiva. I partiti di centro-sinistra hanno chiesto una riforma e la creazione di un fondo di investimento pubblico al di fuori del limite del debito, mentre i partiti di centro-destra contano solo su lievi ritocchi al finanziamento extra-bilancio. In breve, è difficile immaginare un grande cambiamento sulla questione più centrale di queste elezioni, ovvero la posizione fiscale della Germania.
L’ironia della sorte vuole che uno dei grandi vantaggi competitivi rimasti alla Germania sia lo spazio fiscale del Paese. Con il 62% del PIL, il rapporto debito pubblico/PIL è notevolmente inferiore a quello di altre grandi economie sviluppate. Dato che la Germania può autofinanziarsi a un tasso medio inferiore al 2,5%, sarebbe facile individuare una spesa pubblica che generi maggiori rendimenti. Qualsiasi investimento pubblico sarebbe anche in grado di aumentare il tasso di produttività del Paese e quindi dovrebbe essere fiscalmente positivo nel lungo periodo.
Le sfide politiche più complesse – spiega l’esperto – riguardano il modo in cui affrontare le principali problematiche esterne, come la concorrenza cinese, il protezionismo statunitense e l’aumento dei costi per la sicurezza. Le sfide interne includono la ricerca di nuovi approcci per promuovere la transizione energetica e al contempo preservare la competitività, digitalizzare l’economia, creare nuove fonti di innovazione e bilanciare l’invecchiamento demografico con i problemi sociali derivanti dall’eccesso di immigrazione. In questo contesto, l’aumento degli investimenti pubblici dovrebbe essere un obiettivo raggiungibile, ma ci aspettiamo solo una spinta fiscale nominale inferiore all’1% del PIL entro il 2026.
Implicazioni per gli investimenti
La modesta espansione fiscale della Germania non sarà sufficiente a modificare i fondamentali degli investimenti per gli asset tedeschi ed europei. Una crescita economica debole, anche se più forte rispetto al 2024, unita al calo dell’inflazione, manterrà i rendimenti obbligazionari in calo e l’euro debole nel breve termine. Tuttavia, una emissione di Bund maggiore e il divario di crescita a favore della periferia europea implicano un restringimento degli spread tra Bund e obbligazioni periferiche. Fa eccezione la Francia, dove la paralisi politica e gli eccessi fiscali continuano a pesare sui titoli di Stato a lungo termine (OAT). Le azioni tedesche hanno registrato una buona performance di recente e il prossimo governo sarà probabilmente più favorevole alle imprese, stimolando un moderato ottimismo nel mercato. Tuttavia, le aziende tedesche restano vulnerabili alle tendenze di crescita globale: ciò significa che una riduzione del protezionismo degli Stati Uniti e uno stimolo cinese più forte del previsto “rappresenterebbero un importante vento di coda per le azioni”. 

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