La rabbia per le “mancate terapie” e per le “cartelle cliniche false” e la frustrazione per non aver potuto vedere i propri cari una volta deceduti, “ridotti a sacchi neri con un numero attaccato sul piede”.
Sono cominciate le audizioni della commissione d’inchiesta parlamentare sulla pandemia da Covid voluta dal governo e presieduta dal senatore di FdI Marco Lisei e non sono mancate le polemiche, soprattutto tra alcuni rappresentati dei familiari delle vittime e l’ex premier Giuseppe Conte. “Noi perseguiamo la ricerca della verità per i nostri cari e per ridare loro quella dignità che, a nostro avviso, è stata rubata e reputiamo essere stata lesa anche da morti” ha esordito Sabrina Gualini, presidente del Comitato nazionale dei familiari delle vittime del Covid.
Le visite ai parenti in ospedale sono uno degli argomenti su cui c’è più indignazione. “Cosa c’è di umano nel vietare di vedere il proprio parente ormai morto?” si chiede Gualini, domandosi anche perché i giornalisti “potevano entrare nelle aree Covid” mentre “a noi familiari era vietato fare visita ai parenti. Non sappiamo nemmeno chi c’era dentro la bara che ci è stata consegnata sigillata”.
Ma la rabbia è anche per le terapie e per “quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto”, come ha spiegato Eleonora Coletta del comitato vittime Covid Moscati di Taranto. Suo marito di 56 anni è morto “non di Covid, ma per il Covid”, e due giorni dopo è deceduto anche il suo papà 74enne. Nella gestione del loro ricovero “c’era qualcosa di anomalo e l’ho subito capito” visto che “non gli mai stata fatta una tac – ha commentato -, non sono state somministrate le terapie e i sanitari si sono rifiutati di fare il plasma e gli anticorpi monoclonali”.
L’affondo è arrivato anche sulle cartelle cliniche dove non c’era “nessuna terapia e nessuna diagnosi” ma soprattutto “dati falsi riportati”, come gli errori sulla loro età e sul loro peso e l’averli definiti sostanzialmente come invalidi quando invece “conducevano una vita normale e in salute”. I parenti delle vittime hanno accusato la sanità di “averli abbandonati” e lo Stato di aver avuto una comunicazione “scarsa” basata “sul terrore”.
Ma la polemica si è accesa ulteriormente quando ha preso la parola Elisabetta Stellabotte, figlia di Antonio – deceduto nel 2021 – e presidente del Comitato L’altra verità. Stellabotte prima ha accusato la medicina di aver “sovvertito i principi e ignorato i diritti di malati” e poi i politici, i veri “colpevoli” insieme “alla Chiesa” e al suo “grande silenzio”. Dopo ha puntato il dito direttamente sui sanitari e sulla “retorica degli eroi che dovevano confortare i nostri cari nell’ora più buia” quando invece “erano impegnati nei corridoi a fare i balletti con le colonne sonore”.
Attacchi “inaccettabili” per l’ex premier Conte: “Molti parenti e familiari di sanitari potrebbero sedere al suo posto oggi del tutto legittimamente, con la stessa angoscia e con un dolore non meno profondo” ha scritto sui social il presidente del M5s rivolgendosi a Stellabotte. E ricordandole anche che “da quando è iniziato il Covid quasi mezzo milione di sanitari è stato contagiato e varie centinaia sono morti per curare – anche se non ci sono riusciti – anche i suoi familiari”.
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