L’innesto della prima cornea
artificiale ibrida, frutto della ricerca italiana, ha restituito
a una profuga palestinese dalla Siria, Rasha, tre decimi di
acuità visita e la possibilità di tornare a vedere. Si chiama
Intra-ker, ed è stata messa a punto da Massimo Busin,
dell’Università di Ferrara, in collaborazione con Fondazione
Banca degli Occhi del Veneto Ets, ed è un dispositivo sintetico
che viene inglobato all’interno di due strati di tessuto
corneale proveniente da donatore, innestato nell’occhio del
paziente.
Il trapianto ideato da Busin con l’ausilio della banca
degli occhi veneta si trova oggi al centro di un progetto di
ricerca finanziato con i fondi del Pnrr e guidato da Teresio
Avitabile, ordinario dell’Università di Catania, che vede
coinvolti per la fase clinica anche Vincenzo Scorcia,
dell’Università Magna Græcia di Catanzaro e Marco Mura,
dell’Università di Ferrara.
L’intervento è avvenuto il 29 maggio scorso a Forlì, dove
Busin stava mettendo a punto la sua cornea artificiale. Due
giorni dopo l’intervento la benda è stata tolta, e Rasha ha
iniziato a vedere ed è riuscita a leggere il primo giugno
all’Ospedale Villa Igea. In tutto sono stati effettuati tre
interventi su altrettanti pazienti presso le strutture di
Ospedali Privati Forlì, e a distanza di oltre quattro mesi
offrono risultati incoraggianti.
“Ogni anno nel mondo – commenta Busin – si effettuano
185mila trapianti di cornea, tuttavia settemila falliscono e
12,7 milioni di cittadini a livello globale restano in attesa di
trapianto. Il dispositivo Intra-ker è stato ideato come una
protesi ottica intracorneale e può essere utilizzato come cornea
artificiale in interventi ad hoc, a scopo compassionevole, in
pazienti per i quali il normale trapianto sistematicamente
fallisce perché l’occhio non tollera la cornea da donatore”.
Il dispositivo in polimetilmetacrilato si compone di una
parte ottica centrale e di estremità periferiche che servono a
stabilizzare la protesi nell’occhio. La protesi viene inserita
avvolta da due sottili innesti di cornea da donatore, forniti
dalla Banca degli occhi e ricavati dall’isolamento di uno strato
interno, chiamato ‘pre-descemetico’, spesso una decina di
micron. Questi due sottili lembi evitano il rischio di
estrusione della protesi e mantengono nel tempo la loro
trasparenza permettendo al paziente di tornare a vedere.
Per la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, responsabile
della validazione e dell’invio dei tessuti da donatore, si
tratta della prima preparazione di tessuto per trapianto di
questo genere.
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